Gli inizi di una leggenda
A volte basta un semplice pezzo di carta, in questo caso un prezioso pezzo di carta, per far tornare alla luce storie dimenticate e suscitare ricordi lontani di uomini sconosciuti, scomparsi nel tempo, che pur hanno fatto cose straordinarie e nel nostro caso furono addirittura e inconsapevolmente tra i creatori di una leggenda durata cento anni.
Scrivo di Gerolamo Merlini ed Enrico Gretti. Il buon Manzoni, milanese anche lui per eccellenza, tramite don Abbondio, avrebbe detto: “Gerolamo ed Enrico, chi erano costoro?”
Ebbene io ne scrivo, e con loro vengono fuori altri nomi e altre storie. Erano questi due autorevoli membri del Consiglio di Amministrazione dell’ALFA, divenuta Alfa Romeo nel 1915 con l’ingresso dell’imprenditore napoletano Nicola Romeo, uno era ingegnere l’altro avvocato; un CDA che annoverava allora anche la presenza di Ugo Ojetti, noto scrittore e giornalista amico del Romeo. Un gruppo di persone, insomma, che in un periodo assai difficile dell’imprenditoria italiana, sconvolta dai postumi della crisi del 1907 e dalla faticosa riconversione postbellica, tentarono un’avventura piuttosto al buio. La neonata azienda ALFA (1910) risorse, infatti, dalle ceneri di un fallimento, quello della Darracq Italiana con sede a Milano in zona Portello, e certo ci vollero un bel coraggio e indubbie capacità per assumerne le sorti. Sentimenti questi che non mancarono a uomini di banca e soprattutto a Nicola Romeo, l’uomo nuovo, un napoletano verace, di spirito e genialità, che ne intuì buone potenzialità e interessanti sviluppi seppur privo com’era di solidi capitali e delle necessarie relazioni. Aveva però una certa percezione di come promuovere le linee di sviluppo dei settori moderni (per quel tempo!) dell’industria meccanica italiana. Contattò e assunse infatti gli uomini giusti per rivoluzionare e lanciare sui mercati la rinnovata azienda che dal 1915 si sarebbe chiamata Alfa Romeo che, malgrado i costanti problemi economici e sindacali da cui fu sempre afflitta per oltre un secolo, entrò nella leggenda del motorismo internazionale.



Il Certificato dichiara che “la Società, sorta come accomandita semplice, si costituì sotto forma di Anonima coll’Atto 3 febbraio 1918, rogito Federico Guasti di Milano, approvato con decreto 9 febbraio 1918 dal Tribunale di Milano, debitamente trascritto, affisso e pubblicato sul Bollettino Ufficiale delle Società per Azioni del 6 giugno 1918, ecc. ecc.“. Poche, fredde, abituali, burocratiche frasi che nel nostro caso formalizzavano e consolidavano non solo la nascita di un marchio oltre che di un’azienda ma davano ad essa anche credibilità, mercato, immagine e… futuro per quella che sarebbe diventata una bella storia fatta di entusiasmi, passioni, successi sportivi in ogni angolo del mondo.
In verità inizialmente esistevano diversi collegamenti tra la Darracq Italiana e alcune aziende napoletane, una città dove peraltro aveva anche uno stabilimento per costruire vetture leggere (voiturettes) più adatte ai nostri mercati, e quindi è lecito pensare che il Romeo già avesse avuto contatti non solo con loro ma anche con uomini d’affari e altri imprenditori vicini al mercato della meccanica e automobilistico. E poiché risulta che gli stabilimenti della Darracq Italiana al Portello, in zona Sempione, fossero stati progettati e attrezzati in modo eccellente sin dal 1907, malgrado la scarsa qualità delle vetture prodotte, l’interesse per rilevarne le sorti, soprattutto alla vigilia di una guerra, era indubbiamente assai invitante anche considerando che nell’intera zona milanese, allora periferica, erano presenti non solo ottime aziende meccaniche ma anche altre fabbriche di automobili, varie raffinate carrozzerie e costruttori di componentistica. L’Isotta Fraschini, la De Vecchi (di cui fu Direttore Generale Vittorio Valletta destinato a un gran futuro in Fiat), le carrozzerie Bollati, Sala, e poi Zagato, la Touring, la Memini (carburatori), ecc.
Presidente della Darracq Italiana era Ugo Stella, certo non un tecnico ma una persona brillante e ricca di molte risorse, economiche e gestionali, ben introdotto nella società milanese ma non in grado di risollevare qui in Italia produzione e qualità dell’azienda francese neppure con l’assunzione di ottimi progettisti da Giuseppe Merosi ad Antonio Santoni. Nel contempo entravano nella moribonda Darracq anche altri uomini di gran valore come il meccanico Giovanni Agostoni, quello, come diceva Enzo Ferrari, “capace di fare i guanti alle mosche”, come i collaudatori Nino Franchini, Attilio Marinoni, Giuseppe Campari destinati a divenire dagli anni ’20 in poi i futuri pilastri della leggenda Alfa Romeo.
Vien da pensare che il lungimirante Stella avesse già avuto in mente la prossima chiusura dell’azienda di cui era presidente per ricostituirne subito un’altra pronta ad operare sin dal giorno dopo. E così il 24 giugno 1910 il CDA degli azionisti, preso atto dell’impossibilità di salvare l’azienda francese, ratificava l’abbandono della vecchia ragione sociale e la sua sostituzione con quella di Anonima Lombarda Fabbrica di Automobili, ALFA, che, come abbiamo ricordato, divenne Alfa Romeo nel 1915. Poco dopo, grazie agli abili maneggi di Enzo Ferrari, arrivarono dalla Fiat di Torino anche i progettisti Vittorio Jano e Luigi Bazzi e l’avventura da una semplice storia industriale come tante divenne una leggenda affascinante che ormai tutti conoscono ed amano.
I primi marchi ALFA, Alfa Romeo, Nicola Romeo pezzi oggi assai rari.
Stefano d’Amico
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