Cartacce e Automobili
C’è un aspetto insolito e finora piuttosto ignorato della storia dell’automobile raccontata questa volta da vecchi titoli azionari, alcuni addirittura ultracentenari, che contribuisce non poco ad arricchire non solo la conoscenza e la cultura del settore ma anche lo spirito e i modi dei tempi.
Alcuni anni fa, aggirandomi con grande attenzione e curiosità fra i banchetti di un mercatino di antiquariato in uno sperduto paesino della Provenza, frugando fra vecchi libri e cianfrusaglie, mi sono imbattuto in un foglio ingiallito, spiegazzato e pieno di timbri che recava l’immagine di una antica automobile circondata da divinità mitologiche e potenti guerrieri seminudi, il tutto tra fronde di piante esotiche. Altro non era che un titolo azionario del 1906 di una fabbrica di automobili francese ormai scomparsa. Sono bastati pochi franchi per portarmelo a casa e… accendere una passione.
Una passione che anni dopo ho saputo si chiamava scripofilia “(dall’inglese scrip che indica un diritto di proprietà e dal greco philos che significa amore), è lo studio e il collezionismo delle documentazioni finanziarie originali d’epoca in particolare dei certificati azionari e obbligazionari. Con la scripofilia si studiano e collezionano documenti dal valore storico e artistico. Molte azioni e obbligazioni, oltre al valore intrinseco della storia di molte società, portano con loro disegni e incisioni di importanti artisti dell’epoca” (Wikipedia). Vecchi titoli storici, ovviamente fuori corso e privi ormai di qualsiasi valore borsistico, che rappresentano un’altra affascinante testimonianza di un passato raffinato ed elegante. Non rappresentano soltanto parte della storia economica di un paese, ma sono anche suggestive testimonianze dei gusti e degli stili del tempo e comunque frammenti importanti che compongono il complesso mosaico del cammino e del pensiero umano. Oggi la borsa è diventata uno strumento telematico globale, freddo, distaccato e anonimo, totalmente virtuale. Non sai neppure cosa compri o cosa vendi. I vecchi titoli cartacei, azionari o obbligazionari, offrono invece un insieme concreto e tangibile di dati in cui l’organizzazione dello spazio grafico, le firme di personaggi spesso famosi o del tutto sconosciuti, il nome dell’avente diritto, la simbologia, i colori e le figurazioni adottate raccontano l’ingegno, l’operosità, il successo dell’uomo e delle sue imprese oppure, in numerosi casi, il suo fallimento. Il loro valore è tutto qui; è la cultura, la passione per i documenti cartacei, il nostro curioso gusto romantico che li rende preziosi e li differenzia da altri “valori” come per esempio i francobolli che pur avendo spesso storia e aspetti grafici interessanti, hanno dimensioni e “fragilità” che secondo me ne limitano il fascino.
Come si può restare invece indifferenti davanti a questi vecchi fogli, vere opere d’arte e di fantasia che rappresentano con disegni barocchi e raffinati, in pieno stile art decò e, in molti casi, anche un po’ troppo leziosi, l’immagine di una industria che si presenta e si lancia sul mercato. Il marchio dell’impresa è posto naturalmente in alto e al centro, quasi sempre sorretto o affiancato da due erculee divinità seminude o da floride matrone così da esaltarlo e rendergli onore, ma anche per offrire fiducia all’investitore attratto e garantito da tanto esuberante vigore mitologico. Nello sfondo, in toni più leggeri e meno incisi, compaiono disegni dell’attività e dell’operosità dell’azienda: ciminiere fumanti, automobili eleganti e filanti, autocarri colmi di mercanzie, potenti locomotive a tutto vapore, vascelli in piena velatura e mare calmo, colonne e fronde di piante robuste, ma anche piccole incudini, martelli o attrezzi vari. In altri troneggia invece il ritratto del fondatore, o dei fondatori, eleganti e severi signori barbuti in marsina. Il tutto racchiuso in una cornice di raffinati disegni geometrici o floreali; un vero e proprio ricamo per impreziosire il titolo cartaceo. Al centro le note tecniche dell’azienda: il capitale sociale, la descrizione delle attività, l’atto costitutivo, la specifica e l’importo del titolo, le firme degli amministratori, il numero delle azioni e il loro protocollo, il tutto certificato da bei timbri colorati. Praticamente un quadro della struttura e della storia dell’azienda. Sono, in fondo, tutti molto simili e pretenziosi ma ognuno di essi si racconta e ti coinvolge nella sua storia; la storia figurativa ma anche sociale, politica e industriale di un secolo fa.
La carta è un genere in via di estinzione; buona parte dei libri che si stampano finiscono pure al macero, le enciclopedie non si usano più; per cercare informazioni si fa prima a far scorrere le dita su una tastiera piuttosto che sfogliare pagine e pagine, ma le “info” sono spesso errate o distorte; le biblioteche sono piene di polvere e ragnatele, e infatti chi ci va più!, negli archivi si vedono solo ricercatori attenti o studiosi anziani. Amo il progresso, ma leggermi un libro su un pc o sull’lPad francamente mi deprime. Adoro invece la carta, il suo odore d’inchiostro e di anni, un segnalibro fra le pagine o l’orecchietta in un angolo del foglio. Entro e vivo nella storia che leggo, illuminata da una lampadina piuttosto che dai riflessi freddi di uno schermo. E nelle mie costanti ricerche mi piace cercare fra le pagine, aggirarmi nelle librerie e fra gli scaffali degli archivi e quello che trovo in essi è sempre molto diverso da quello che trovo sul web, freddo e distratto. Ammetto che, fin quando ci sarà energia elettrica, il pc costituirà sicuramente un buon aiuto iniziale di indirizzo perché poi è certo più costruttivo, più attento ma anche più interessante approfondire con l’aiuto molto più sincero delle vecchie carte, cui peraltro anche il pc fa riferimento!
Oggi corriamo troppo in fretta, non si rallenta mai, ci si scrive e ci si legge solo su e mali mentre ci si parla in call! Il linguaggio è quello delle faccine gialle e dei simboli che le accompagnano, ottimi incentivi per annebbiare ulteriormente anima e cervello. Stiamo abbandonando troppo in fretta l’uso della carta; da quanto tempo non ricevete o inviate una cartolina di auguri o di saluti? Da quanto tempo non scrivete ad amici lontani, magari con la vostra carta intestata, o ricevete una loro lettera? E i vostri figli e nipoti vi hanno mai scritto la letterina di Natale, nascosta magari sotto il piatto? Oggi ci troviamo ad aprire la buca delle lettere con sospetto e terrore; ci sarà una multa o una busta dell’Agenzia delle Entrate, una bolletta di utenze varie o la pubblicità del supermercato? Ma mai più la vecchia cartolina, quella che con una semplice immagine e con poche espressioni ti regalava qualche attimo di sorriso e di riconoscenza! Cosa erano gli epistolari dei grandi uomini, cosa era l’arte della scrittura e del linguaggio? Vediamo sovente molti giovani, e ahinoi anche uomini di governo, che non solo non sanno parlare ma neppure scrivere, nel senso letterario del termine, e forse neanche tenere una bella penna in mano. Magari stilografica. Il mondo va avanti a tutto spiano e i giovani, come vediamo, ad esso sanno e sapranno certo adeguarsi. Ma per chi ha lavorato e vissuto in un’altra cultura e con altri metodi certo non è facile e, comunque, non interessa più a nessuno.
A me invece è sempre piaciuto rovistare fra carte ingiallite dal tempo e acquistare quei libri vecchiotti che sentivo ancora pieni di vita. E penso agli antichi monaci di tanti secoli fa che, a lume di candela, passavano le loro vite a copiare e tramandare testi ancora più antichi di loro con le parole di un dio o il sapere di un saggio tra le mura fredde e silenziose di monasteri isolati. Un mio caro amico modenese, pur gran collezionista di auto e cose vecchie, rimproverava i miei acquisti cartacei: “Stefano, mi diceva, sei ben scemo, la carta brucia!” Si la carta brucia, ma canta anche mentre le parole volano! La carta ha raccontato l’avventura e la storia dell’uomo; trasmette tangibilmente la sua fantasia come il suo sapere e il suo pensare e tu ne prendi quello che occorre per farlo tuo e ampliare il tuo animo e il tuo cervello.
Ecco come da tutto questo sono venuti fuori anche spicchi di curiosità e passione per lo studio di altre carte piuttosto insolite, quelle dei vecchi titoli azionari. Per toccarli, leggerli, ammirarli, conservarli e cercare di trasmettere qualcosa. Il gusto del bello e del raffinato. Chissà??!!
Stefano d’Amico
Le immagini utilizzate nel presente articolo appartengono alla collezione d’Amico.