Auto da ridere
Sono convinto che il senso dell’umorismo e l’umorismo stesso, forse con relativa risata sganasciata, siano nati quando l’uomo con la clava ha visto il suo compagno cacciatore con il sedere al vento scivolare rotolando su una cacca di mammut fin dentro una lurida pozzanghera ululando forte, come la scimmia che gli fu lontana parente.
L’umorismo ha, per fortuna, sempre accompagnato l’uomo intelligente e arguto che magari, pur nel tragico, ha saputo ravvisare il lato ridicolo delle cose o degli eventi.
E questa è una buona cosa che il Creatore, pur senza troppa generosità, ha voluto regalare all’homo sapiens per addolcirgli la vita. Oggi è merce rara, manca infatti l’uomo, o meglio esso si palesa invece sugli innumerevoli social con i risultati che tutti noi quotidianamente siamo costretti a subire ove assai spesso più che l’umorismo regna la volgarità. Una particolarità nuova questa, quasi del tutto inesistente fino a quaranta anni fa, emersa appunto con una comunicazione divenuta via via di livello sempre più scadente e ormai molto diffusa sugli innumerevoli canali che il web e i media più beceri ci propongono ad ogni ora del giorno svilendo, o proprio annientando, ogni forma di dignità e di cultura con buona pace delle future generazioni e del futuro convivere. E gli effetti, ahinoi, già da alcuni anni si cominciano a vedere e a subire.
Poiché l’umorismo, quello gentile e spesso ingenuo, ha sempre animato l’uomo benpensante, almeno fino a mezzo secolo fa, non poteva certo mancare anche quello rivolto all’automobile e agli automobilisti, sin dalla fine dell’800 quando appunto questo nuovo mezzo meccanico iniziò ad attraversare le strade del mondo e la vita stessa dell’uomo.
L’automobile è sempre stata un terreno di business molto fertile non solo per i produttori che, per motivi di marketing, dovevano promuovere le loro vendite sui vari mezzi disponibili nel tempo, quindi cartacei, ma anche in questo caso per una miriade di illustratori che con il loro estro hanno rappresentato il lato scherzoso o “ridicolo” del nuovo mezzo. Sull’argomento si sono cimentati illustri pittori, da Magritte a De Chirico, e brillanti umoristi ma anche semplici vignettisti cogliendo sempre aspetti e immagini che catturassero l’attenzione o il sorriso sia del cattedratico che dell’uomo qualunque.

Devo però riconoscere, e ahimè con un certo disappunto, che sin dall’inizio del XX° secolo sono stati per lo più i francesi a cogliere anche nell’automobile e nei suoi utenti molti aspetti ridicoli ed umoristici che si rivelano in tutta la loro estrosità nelle vignette o nei disegni, molti peraltro assai raffinati, di numerose pubblicazioni, alcune delle quali sono anche piuttosto importanti e seriose.






Risalta in particolare l’attenzione tipica francese verso la galanteria e il gentil sesso, ricca di sottintesi e spesso erotica ma comunque garbatamente piccante, però mai volgare ma sempre di indubbio richiamo per un sorriso sicuro ed empatico.





Gli illustratori italiani sono stati più manieristi, più fedeli alle tradizioni classiche che a quelle creative, ma in tutti balza evidente un umorismo più sottile, in alcuni casi direi di maggior classe, e sicuramente assai più efficace quando si tratta di immagini pubblicitarie. Non dimentichiamoci che tra i nostri illustratori, oltre a un insolito Giorgio De Chirico, ci sono stati personaggi e artisti del calibro di Enrico Baj, di Federico Fellini, noto come grande regista sì ma anche come fumettista e umorista, di Mino Maccari, di Giaci Mondaini, di Benito Jacovitti (Cocco Bill), Armando Testa, Umberto Manfrini “Mamberto” (Tirammolla), Plinio Codognato, molto attivo proprio nel settore motoristico, e tanti altri che hanno comunque rappresentato nelle loro opere lo stile, la cultura, il pensiero del vivere e del vedere italiano.





Non c’è molto altro da aggiungere; queste simpatiche e ormai obsolete immagini, alcune di un umorismo quasi infantile, fanno parte di un mondo che non esiste più; un mondo romantico con uomini in cilindro e marsina, donne eleganti e fascinose, ma dalle sembianze birbanti, con paffuti gentiluomini ed automobili d’altri tempi che mal si accompagnano alle mode e ai costumi di oggi condannati a seguir le orme dei grandi fratelli e degli influencer più beceri, come anche della “esuberante” comicità degli attuali palcoscenici. Si lascia ogni commento allo spirito del buon lettore confidando nella sua capacità di afferrare e intendere queste semplici e spontanee vignette pensate in tempi in cui il mondo era certo diverso e andava probabilmente anche in un altro verso.



Stefano d’Amico
Bibliografia: “Houmourcar” di Claudio Bertieri per FIAT
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